Gli elementi chimici nell’acqua dipendono dagli elementi che si trovano nel terreno. In Italia, le principali componenti sono ferro, calcare e arsenico. Questi non sono un problema fino a quando rimangono in una quantità sopportabile dall’organismo, altrimenti a lungo termine potrebbero causare problemi. I parametri di potabilità sono stabiliti per legge.
Nelle acque destinate al consumo umano la concentrazione massima di ferro è di 0,2 mg/L, soglia fissata non per questioni legate alla salute, ma perché oltre quella soglia l’acqua tende a colorarsi di rosso e a cambiare odore e sapore.
Se il ferro è ad alta concentrazione, proliferano anche molti più batteri e sono questi ad essere dannosi per la salute. Non sono batteri tossici, ma possono comunque provocare disfunzioni. Per questo è meglio eliminarli dall’acqua. Per rimuovere il ferro da tutta l’acqua della casa, è possibile installare degli appositi impianti di depurazione di acqua. Se, invece, si vuole solo purificare l’acqua potabile, ci sono dei metodi più semplici.
Il ferro, inoltre, danneggia anche i macchinari e spesso lascia delle macchie sgradevoli. Nelle reti di distribuzione, la presenza di ferro e, quindi, di acqua rossa, può alterare la lettura del contatore. In più la ruggine creata dal ferro si deposita rendendo necessarie manutenzioni continue e difficili e spesso sostituzioni di macchinari e elettrodomestici.
Gli impianti di erogazione acqua microfiltrata, così come in piccolo i depuratori d’acqua, si servono più o meno delle stesse tecniche e reazioni chimiche per la rimozione del ferro dall’acqua.
Alcuni elementi sono in grado di interferire con la struttura del ferro, per rimuoverlo dall’acqua. Uno di questi è l’ozono, che sfrutta l’ossidabilità del ferro. Il ferro, infatti, a contatto con l’ossigeno, diventa idrossido di ferro, elemento che precipita e diventa facilmente filtrabile con filtro a stadi o a sabbia.
Un’altra soluzione sono gli addolcitori trivalenti, filtri a ioni che scambiano gli ioni di calcio e ferro con ioni di sodio.
Altre sostanze, invece, si comportano come l’ozono, ossidando il ferro e filtrandolo con filtri a sabbia: tra questi i principali sono il diossido di cloro e il permanganato di potassio.
Alcuni impianti di depurazione sfruttano la reazione chimica tra ferro e diossido di manganese, che crea un composto insolubile che si deposita sul fondo.
Un’altra tecnica efficace per la rimozione del ferro consiste nell’impiego di i materiali granulari contenenti biossido di manganese, che svolgono un’ossidazione catalitica. Questi minerali hanno la capacità di rimuovere, almeno parzialmente, anche altri inquinanti.
Si possono usare anche dei determinati batteri per rimuovere il ferro, ma questi diventano difficili da gestire. Prima si devono fare sviluppare i batteri, poi si deve trattare l’acqua perché crei le condizioni adatte. Inoltre, si rischia di interferire con la proliferazione di altri batteri.
Ci sono anche altre tecniche che in genere non vengono usate per la rimozione del ferro dall’acqua. L’utilizzo di resine e membrane, ad esempio, è efficace ma viene evitato perché entrambe hanno bisogno di manutenzione. Tendono, infatti, a rovinarsi, soprattutto con acque dure. Per cui i processi di protezione e manutenzione, quindi in generale la prestazione, rende pressoché impossibile l’applicazione di questi metodi.
Anche il cloro e gli elementi contenenti cloro attivo sono in grado di ossidare e quindi rimuovere il ferro dall’acqua, ma sono sconsigliati e da evitare, soprattutto per l’acqua potabile, in quanto sono tossici, formano composti pericolosi e hanno un odore molto forte.
In generale, quindi, è meglio rimuovere il ferro dall’acqua, perché i vantaggi sono notevoli. Le tecniche principali utilizzate per deferrizzare l’acqua e le più efficaci si servono di ossidanti e catalizzatori che trasformano le molecole di ferro in ossidi e idrossidi, i quali precipitano e possono essere eliminati attraverso filtri a sabbia.